La paura di essere felici.

Cherofobia: cos’è, come riconoscerla, come trattarla.


Questa è la mia cherofobia
No, non è negatività
Questa è la mia cherofobia
Fa paura la felicità

[Cherofobia – Martina Attili]

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Da kairos (καιρός), il “momento giusto”, o, come lo definì Esiodo, "tutto ciò che c'è di meglio di qualcosa", e fobia (paura), la cherofobia è meglio nota come la paura di essere felici. In psicologia è un disturbo non ufficialmente riconosciuto, ma già noto nella pratica clinica. Chi ne soffre evita di affrontare determinate situazioni per paura di un fallimento, o meglio ancora, delle emozioni negative che deriverebbero da questo. L’individuo che soffre di cherofobia non è triste o depresso, ma teme di sentirsi tale in conseguenza ad interazioni sociali che altre persone trovano piacevoli o da cui traggono felicità. I sintomi che si manifestano sono di tipo emotivo, cognitivo e comportamentale:

- Aumento dell’ansia di fronte ad inviti a partecipare a situazioni sociali (feste, eventi)
- Conseguente rifiuto a partecipare alle attività
- Tendenza a evitare opportunità positive a causa della paura che accada qualcosa di brutto
- Convinzione irrazionale che essere felici porterà a delle conseguenze negative

Data la sua sintomatologia, nonostante non sia rintracciabile all’interno del DSM-5, potremmo ipoteticamente catalogarla tra i disturbi d’ansia.

Ma quali sono le cause della cherofobia? Probabilmente si tratta di una forma di apprendimento avvenuta in età infantile, cui a un evento che è stato valutato come estremamente positivo, è subito seguita una punizione o un altro evento valutato come estremamente negativo. Può anche essere originata da una sorta di trauma avvenuta in passato, per cui chi ne è colpito tende ad evitare situazioni simili, o che gli richiamino alla memoria, consapevolmente o meno, la situazione traumatica originale.

Date queste premesse, per la cura del paziente cherofobico possono essere utilizzate tecniche utili sia al trattamento dei disturbi d’ansia che del disturbo depressivo, quali:

Tecniche cognitivo-comportamentali (esposizione, ristrutturazione cognitiva, desensibilizzazione, ACT, mindfulness etc);

- Terapia EMDR;

- Tecniche di rilassamento (rilassamento progressivo di Jacobson, Training Autogeno etc).

Spesso, però, la persona cherofobica non sente il bisogno di ricorrere ad un aiuto, in quanto vede in questo suo “modo di essere” una sorta di meccanismo di protezione da ulteriore inutile sofferenza, inconsapevole di quanta vita si stia lasciando dietro senza viverla realmente.


Dott.ssa Ylenia De Carlo