La Valutazione del Danno Biologico di Tipo Psichico

Il danno biologico di tipo Psichico può essere richiesto in fase di risarcimento da chiunque abbia subito un qualsivoglia danno con conseguenze psicologiche: incidenti stradali, infortuni, errori chirurgici o medici, mobbing etc. Tutti eventi che possono portare dei traumi non solo fisici, ma anche psicologici, con importanti sintomatologie di tipo post-traumatico, ansioso o depressivo che faticano a "guarire" da sole anche dopo la guarigione fisica, e necessitano dell'intervento di uno psicoterapeuta. Si tratta infatti, quasi sempre, di eventi che stravolgono la vita del malcapitato non solo nell'immediato con tutto ciò che può comportare (ricoveri, interventi, impossibilità a lavorare), ma che possono condizionare in qualsivoglia modo peggiorativo la vita della persona coinvolta per mesi, anni, o per tutta la vita.
La valutazione del danno psichico è una delle più complete e complesse che avviene, in quanto è molto importante discriminare in fase valutativa, una eventuale sintomatologia preesistente da una concausale all'evento. Tramite valutazione personologica, neuropsicologica e specifica per il danno, si ottengono una serie di punteggi percentuale a cui corrisponde una somma di risarcimento (proprio come funziona per il danno biologico fisico).
Molto spesso però questo tipo di danno non viene richiesto dagli avvocati, oppure ci si accontenta di un certificato in cui si attesta semplicemente la presenza di un danno psichico. La conseguenza è che la pratica non vada a buon fine oppure, essendo solo indicativa della presenza dello stesso, comporta un risarcimento non adeguato e molto spesso inferiore a quando realmente spetterebbe.

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Di seguito un estrapolato dalle linee guida.
Il danno psichico ed il danno da pregiudizio esistenziale devono essere risarciti, quali danni non patrimoniali, ex art. 2059 c.c. , indipendentemente dal danno biologico in senso stretto. Si tratta di uno: “sconvolgimento foriero di “scelte di vita diverse”, in altre parole, lo sconvolgimento dellʹesistenza obiettivamente accertabile, in ragione dellʹalterazione del modo di rapportarsi con gli altri nellʹambito della vita comune di relazione, sia allʹinterno che allʹesterno del nucleo familiare, che, pur senza degenerare in patologie medicalmente accertabili (danno biologico), si rifletta in unʹalterazione della sua personalità tale da comportare o indurlo a scelte di vita diverse ad assumere essenziale rilievo ai fini della configurabilità e ristorabilità di siffatto profilo del danno non patrimoniale”. Il danno alla persona si può classificare in tre tipologie:

1 - Psichico
2 - Esistenziale
3 - Morale
La valutazione psicologico‐forense ‐ pur non essendo espressamente citata in giurisprudenza ‐ è comunque implicita, infatti, il danno non patrimoniale costituendo un “danno conseguenza” che deve essere allegato e provato dal danneggiato, il quale dovrà presentare tutti gli elementi necessari e utili alla valutazione del danno, tra cui l’accertamento psicologico‐forense; inoltre, lo stesso giudice avvalendosi degli strumenti a sua disposizione potrà richiedere o utilizzare la consulenza psicologico‐forense considerandola, a seconda delle circostanze, un vero e proprio accertamento o una prova documentale.
Per valutare la presenza e la consistenza del trauma, occorre unʹanalisi approfondita del soggetto, caso per caso, con aspetti metodologici che dovranno riguardare non soltanto i colloqui clinici, ma anche test di livello, di personalità, proiettivi e neuropsicologici, al fine di valutare oltre alle eventuali alterazioni delle funzioni mentali primarie di pensiero, anche gli stati emotivo‐affettivi, la struttura e la sovrastruttura dell’Io, nonché i meccanismi difensivi. Fondamentale, per questo tipo di valutazione, è il ruolo del CTU che deve accertare lʹesistenza o meno del trauma psichico, valutando se il danneggiato ha subito una compromissione, una menomazione, una riduzione della sua capacità di comprendere e di accettare la realtà, attraverso processi di adattamento non più equilibrati. Lʹaccertamento della preesistenza o meno di disturbi psichici rappresenta un punto importante delle indagini perché consente di verificare se vi siano o meno concause in riferimento al disturbo oltre all’evento traumatico. E’ necessario procedere con una accurata raccolta dei dati anamnestici, con lʹesame della documentazione clinica e con lʹanalisi delle deposizioni testimoniali orientate ai fini clinici per accertare lʹesistenza di patologia psichica in atto o precedente e il suo inquadramento nosografico.
A completamento dell’indagine classica (anamnesi, colloquio clinico e osservazione), è necessario un accurato e specialistico esame psicodiagnostico, effettuato rispettando la metodologia di somministrazione e interpretazione e facendo riferimento alle linee guida relative all’utilizzazione dei test psicologici in ambito forense. E’ necessario valutare il livello di integrazione sociale, relazionale e individuale del soggetto in esame prima dellʹevento ʺtraumatizzanteʺ e descrivere lo stato attuale dellʹesaminato, il livello di compensazione e i meccanismi di difesa messi in atto dopo lʹevento. Data la complessità nello stabilire con certezza la connessione causale tra un certo fatto ed un disturbo psichico, è necessario che lo psicologo esperto in psicologia forense faccia una corretta diagnosi differenziale, attraverso l’analisi della struttura dell’Io e della sovrastruttura, per inquadrare i sintomi all’interno di fasi solo attuali ‐ dunque post trauma ‐ o di fasi precedenti.


Fonte:  Linee guida per l'accertamento e la valutazione psicologico-giuridica del danno alla persona - Ordine Psicologi del Lazio